Lo stile di vita
Lo “Stile di vita” rappresenta un “Profilo di pensiero ed azione, composto da tratti di personalità, valori, atteggiamenti, interessi, opinioni, condotte, pratiche sociali (…) che si delineano a partire da specifiche condizioni materiali di vita, e concorrono ad unificare nell’individuo la direzione dell’azione, le mete di vita, le tendenze e le aspirazioni”.
In psicologia si usa il termine “stile di vita” per indicare quest’insieme di pratiche, abitudini, consuetudini che la persona adotta nella propria dimensione quotidiana, non solo per rispondere a bisogni fisici o materiali, ma anche per conciliare altri bisogni più evoluti che caratterizzano il soggetto all’interno della propria condizione esistenziale, in termini affettivi, socio-economici, relazionali, culturali.
Tutto ciò concorre, in definitiva, al riconoscimento e rispecchiamento del soggetto nella propria identità attraverso appunto un preciso stile di vita.
Coltivare uno stile di vita positivo
Coltivare uno stile di vita individuale positivo, inteso appunto come “modello comportamentale duraturo e costante nel tempo”, può avere effetti ritardanti rispetto all’insorgenza di svariate manifestazioni patologiche correlate all’invecchiamento, e non di meno può fare la differenza anche in caso di esordio di malattia. Numerosi studi e ricerche epidemiologiche evidenziano infatti che “chi ha coltivato nel tempo un migliore stile di vita ha maggiori probabilità di raggiungere e/o ripristinare un buon equilibrio psichico e psicoaffettivo anche in presenza di patologie dovute alla senilità, o a fronte dell’insorgenza di invalidità e menomazioni.”
Ciò diviene possibile perché uno stile di vita equilibrato, appagante e stimolante, alimenta una corretta motivazione alla cura di sé, un’idea positiva del sé (malgrado eventuali condizioni di disabilità o invalidità), sottende una visione della vita calibrata su una prospettiva di apertura e speranza verso il futuro, e di conseguenza vi è maggiore probabilità di riuscire a mantenere gli interessi, cercare soluzioni ottimali a problemi, cambiamenti di vita, avversità e imprevisti, a preservare la ricchezza emotiva e affettiva che la persona possiede, a non perdere la curiosità, la capacità di attivazione rispetto a situazioni, persone, accadimenti, a cui la vita stessa, nel suo scorrere, ci continua ad esporre.
“Star bene” in Terza età
Considerati questi presupposti, all’interno della cornice teorica della Psicologia Positiva, – ovvero quell’”Approccio teorico che si occupa del benessere personale e della qualità di vita integrando aspetti medici, psicologici e sociologici” – si rende possibile e necessaria una rilettura dello “star bene” in Terza età.
Il fondamento, nonchè la la chiave di lettura, è quella che porta all’individuazione di “forze e virtù, tendenze e aspirazioni” originarie e/o residue di ciascun individuo, promuovendo e stimolando in questi termini le risorse e le potenzialità che il soggetto ha mantenuto, che diventano il perno e leva per nuovi progetti e obiettivi terapeutici, per rallentare per esempio il decadimento cognitivo, per tarare adeguati interventi supportivi, senza ignorare limiti e disfunzionalità, ma lavorando con ciò che c’è anziché fermarsi ad una mera diagnosi (e constatazione) di ciò che non c’è più.
Psicologo per anziani Vigonza (Padova)
Si fa dunque strada l’assunto per cui l’Invecchiamento è “una condizione che si costruisce a partire da se stessi e dalle relazioni con gli altri, piuttosto che da fattori prettamente biologici non governabili”, e dove la longevità è frutto di un’adeguata cura di sé, di un pensiero positivo, della ricerca della possibilità di soddisfare sia i propri bisogni primari sia altri bisogni e desideri più evoluti, che possono essere relativi all’autodeterminazione e all’autorealizzazione del sé. Fattori questi che, ove presenti, influenzano significativamente la motivazione e l’attitudine a mantenere un buon livello di qualità della vita, con ricadute positive nei tempo e nei diversi ambiti di vita.
La “percezione della qualità della propria vita” è dunque strettamente connessa alle sensazioni ed al significato attribuito alle prospettive personali e all’assetto affettivo-relazionale, la qualità di vita, quindi non risponde più e non e non risponde solo al semplice possedere una buona condizione di salute.
Riassumendo quindi, come riportato da numerosi studi clinici e da molto autori, l’essere “in salute” dipende da un complesso di fattori, non tutti di pertinenza sanitaria, mentre “l’assenza di malattia-malessere”, da sola, non è condizione sufficiente per garantire un buon invecchiamento.
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